Questo film vuole raccontare una storia che ruota intorno al Mah Jong a Ravenna, un singolare esempio di ibridazione culturale tra Cina e Romagna.
Per uno strano e curioso caso infatti, il gioco cinese del Mah Jong, in patria giocato fino ai primi del novecento esclusivamente dall’imperatore e dalla sua corte, rappresenta per Ravenna una presenza ludica “aliena”, ed è stato almeno fino agli anni ‘90 del secolo scorso, il gioco più praticato e diffuso in città. Amatissimo e giocato continuamente per ore e ore nei bar e nelle case private, da donne uomini e ragazzi ancora oggi, anche se non più in auge come ai tempi d’oro, fa parte del tessuto culturale e delle tradizioni della regione.
E’ in questo contesto che Luisa fantastica con la mente, ora che è pensionata e ha il tempo per farlo. Ha una missione chiara, un sogno che si porta dentro fin da bambina, volare in Cina a conoscere le origini del Mah Jong, la loro cultura, le persone che lo producono e lo giocano. Inizia così la sua avventura, non senza difficoltà, tra scontri generazionali con la figlia e il nipote e incontri multiculturali con una giovane ragazza cinese e la sua famiglia. Con il loro aiuto e quello di amici affezionati, ma soprattutto con la sua curiosità e la sua grande forza di volontà, Luisa riuscirà a scoprire molte cose sul Mah Jong, incontrando i personaggi e gli storici che lo hanno reso la tradizione che è oggi e che continuano a portarla avanti con ardore. Svelato il percorso romagnolo le resterà solo da spiccare il volo sulle ali del drago cinese.
La Romagna è quel posto dove la piadina e i cappelletti sono tradizionali quanto il gioco del Mah Jong, pur provenendo dai due capi del mondo. Forse è merito del mare che bagna le coste e il porto di Ravenna, tanto quanto le sponde della lontana Cina.
NOTE DI REGIA
D’estate quando mia figlia era più piccola e la portavo al mare, accadeva spesso che uno sciame di ragazzini come lei, fossero “abbandonati” da soli a giocare in spiaggia e io mi chiedevo dove fossero i loro genitori… Stavano tutti giocando a Mah Jong ( “è magiò” in dialetto romagnolo ) e guai a disturbarli perché era un momento sacro, nel quale davano sfogo alla loro passione per questo strano gioco di origine cinese, ma che in romagna ha avuto una diffusione incredibile e che tuttora resiste nonostante l’avvento del burraco. E’ stato ed è un modello di socializzazione e di ibridazione culturale che mi ha sempre affascinato e che ho deciso di raccontare in questo documentario dal titolo per me molto significativo, Il drago di Romagna.