Il film
A SEAFISH FROM AFRICA – IL MIO AMICO BANDA
di Giulio Filippo Giunti
Documentary 62’ – color
Credits
Doc 62′ – color
regia
Giulio Filippo Giunti
Soggetto
Giulio Filippo Giunti
Giorgia Boldrini
Sceneggiatura
Giorgia Boldrini
Giulio Filippo Giunti
Giusi Santoro
Prodotto da
POPCult e CARTA | BIANCA
Riprese
Giorgia Boldrini
Giulio Filippo Giunti
Montaggio
Stefano Massari
Supervisione al montaggio
Giusi Santoro
Suono e Musiche originali
Riccardo Nanni
Color Correction
Andrea Dalpian
Comunicazione e ufficio stampa
Valeria La Pietra
More info
Facebook
www.facebook.com/popcult.docs
www.facebook.com/progettocartabianca
Festival Visioni dal mondo
www.visionidalmondo.it/a-seafish-from-africa-il-mio-amico-banda
BUY DVD
“Tra il pesce che nuota nel porto e quello che nuota nel mare, chi dei due conosce il mondo?”
In un momento storico in cui l’immigrazione in Europa si fa sempre più massiccia, una storia che fa riflettere su come culture molto diverse tra loro possano cercare di costruire un dialogo grazie all’esperienza di vita che ogni persona porta con sé.
Banda, immigrato ghanese di fede musulmana, arriva in Europa alla ricerca di un’occasione, di una possibilità di sopravvivenza per sè, e di aiuto per la sua famiglia in Africa. In Italia incontra Giulio. Giulio gli offre un lavoro, diventa suo amico e affascinato dalla sua originale personalità decide di raccontarne la sua storia in un film.
Nasce così un racconto intimo e profondo che scorre al ritmo della natura e delle stagioni: un rapporto di conoscenza e di scoperta fra uomini di culture e spirito diversi, conversazioni di amici sul senso della vita e della morte, sulla religione e la famiglia, sullo sfondo di una campagna in cui il tempo del lavoro e il tempo delle stagioni scandiscono il ritmo della vita. Il confronto fra un mondo diverso fisico e spirituale, quello africano, a confronto con il nostro che ci fa interrogare sul senso dell’Europa e sulla sua futura identità.
NOTE DI REGIA
Io vengo dalla città, dove ho sempre vissuto, ma qualche anno fa ho sentito il desiderio di far crescere i miei figli in un posto migliore, più sano: così sono finito a gestire un piccolo e scalcinato maneggio di campagna. Non avevo nessuna idea di come fare: se sono ancora qui, è perché ho incontrato Banda.
Banda viene dal Ghana, e la sua tribù fa parte della minoranza musulmana. E’ arrivato come clandestino, e da anni sudiamo, lavoriamo, viviamo insieme. Insieme abbiamo spostato con il trattore la carcassa di un cavallo morto; abbeverato con i secchi venti cavalli mattina e sera, quando d’inverno i tubi ghiacciano; fatto scorta di centinaia di balle di fieno sotto il sole torrido di giugno; sfamato e pulito i cavalli, che mangiano e cagano tutti i santi giorni. Io l’ho aiutato ad avere il permesso di soggiorno, un lavoro regolare e un tetto. Lui mi ha insegnato a vivere nel presente, e a guardare il mondo con i suoi occhi. Siamo diventati amici, e ho sentito il bisogno di raccontarlo.
Ho iniziato a riprenderlo ogni giorno, per mesi. Lui non si accorge più della telecamera, mi parla come se non ci fosse, e mi fa vedere cose di cui noi italiani non sospettiamo l’esistenza: una moschea in un capannone della zona industriale dietro casa; una festa di matrimonio ‘per soli africani’; la preparazione di un container per l’Africa, pieno di materassi, bottiglie d’acqua, automobili completamente smontate… Un piccolo grande mondo che noi europei non vediamo, proprio accanto a noi; un mondo fatto di tante storie di vita, straordinarie e comuni al tempo stesso, che deve essere raccontato.