Domenica 30 giugno 1940, porto di Liverpool. Nel corso di una giornata afosa, più di 1.600 uomini sono stipati su un transatlantico che a molti ricorda un’illustre e lussuosa nave da crociera britannica. La sua vecchia colorazione bianca e brillante è scomparsa sotto un’unica tonalità di grigio e blu scuro; un cannone a prua e uno a poppa svettano sui due fumaioli, ora anonimi, privi sia della precedente stella blu che di una possibile croce rossa; un filo spinato appare in alcune zone del ponte, delineando quasi il profilo di un campo di concentramento galleggiante: è l’Arandora Star, rivestito dalla patina della guerra.
Il suo carico è ora composto da 174 membri dell’equipaggio e 200 soldati inglesi di guardia. Insieme a loro ci sono 86 prigionieri di guerra tedeschi e molti internati civili, tra cui 479 tedeschi e 734 italiani, costretti a essere deportati in Canada. Dopo la partenza all’alba del 2 luglio, lungo la pericolosa rotta atlantica e senza alcun convoglio, la nave viene intercettata da un sommergibile della Marina tedesca, comandato da Gunther Prien: si tratta dell’U-47, sulla via del ritorno in Germania e dotato dell’ultimo siluro disponibile che viene armato e lanciato.
In questo disastro morirono 470 internati italiani, 243 tedeschi, il capitano e 12 ufficiali inglesi, 45 persone dell’equipaggio e 37 guardie militari inglesi. In totale morirono 806 persone a bordo. Può essere considerato il più grande massacro di civili durante la Seconda guerra mondiale perché, esclusi gli 86 prigionieri, tutti gli altri uomini erano civili di età compresa tra i 16 e i 75 anni. Erano comuni immigrati che vivevano in Inghilterra da molti anni. Tra loro c’erano musicisti, medici, insegnanti e operai. Non erano legati alla guerra o al fascismo, ma ne pagarono il prezzo.
Il tragico epilogo della vicenda, che conta 805 vittime, restituisce una memoria collettiva irriducibile che deve essere raccontata. Il suo impatto rappresenta la sofferenza di tutte le vittime di qualsiasi guerra in senso universale.
La tragedia dell’Arandora Star è una storia che unisce gli sforzi di più attori a livello internazionale, in particolare questo evento unisce profondamente Italia, Germania e Inghilterra, poi anche la Scozia che ha trovato i corpi morti nei giorni successivi all’affondamento.
Il progetto utilizza una narrazione del passato che si ispira alle storie vere delle persone coinvolte. Per narrare l’affondamento della nave useremo l’animazione e aggiungeremo anche le prospettive di persone del presente che ricordano quei momenti.
STORYTELLING E APPROCCIO VISIVO
La linea narrativa è composta da tre elementi diversi:
- Scene di fiction nel passato che narrano gli eventi attraverso personaggi ispirati a passeggeri reali, che mostrano la prospettiva di padri separati dai loro figli, di un adolescente privato del suo futuro, del personale di bordo più o meno consapevole delle implicazioni di una simile missione e persino dei prigionieri militari tedeschi che avrebbero potuto sapere che un sommergibile avrebbe potuto circondare la zona. Molto rilevante è anche il punto di vista femminile delle mogli che hanno visto il proprio partner portato via senza avere informazioni sul proprio destino. La storia dei carcerieri è raccontata nelle loro lingue da tre paesi diversi: Inglese, Tedesco e Italiano.
- Interviste e parte più documentaristica. Molte sono le comunità nate per ricordare questo evento. Dal gruppo facebook “Arandora Star” agli eventi di commemorazione delle vittime come a Knockvologan, dove una delle scialuppe di salvataggio giace semisommersa dalla sabbia e dalle maree. Inoltre, alcuni memoriali dedicati alle vittime di Arandora in diversi Paesi, Glasgow (Scozia) e Bardi (Italia) ospitano i monumenti più grandi.
- L’animazione 2D paperless della nave che affonda con fotogrammi emotivi che si mescolano alle poche immagini storiche di quel momento.