Il film
GOLPE NELLA PRIGIONE VERDE
di Roberta Ferrari and Nacho Caro
2012 – DVCAM – 16/9 – dur. 1×55′
distribuzione
WINDROSE
Credits
Italia-Spagna, 2011, DVCAM – 55 mins.
genere
Politico e Sociale
regia
Roberta Ferrari
autore
Roberta Ferrari and Nacho Caro
prodotto da
Rice&Beans and POPCult
distribuito da
Windrose
sceneggiatura
Roberta Ferrari
Nacho Caro
Giusi Santoro
montaggio
Cristina Mauri
Chicca Moncada
Giusi Santoro
cameramen
Roberta Ferrari
Nacho Caro
Ramon Hernandez
More info
Location di reality show, amata dai turisti, l’Honduras ha un ruolo politico cruciale: è una prigione verde.
Negli anni 80, gli USA trasformarono l’Honduras in torre di controllo sui movimenti di liberazione centroamericani, epoca di terrore in cui venne promulgata la Costituzione, redatta da una spietata oligarchia, tutt’ ora al potere.
Una costituzione che il presidente Zelaja avrebbe voluto cambiare, senza riuscirvi…
Tegucigalpa, Honduras. Maggio 2011
Zelaya, ex presidente dell’ Honduras, rientra nel paese accolto trionfalmene da più di un milione di persone.
Nel 2009 è stato destituito con un colpo di stato. Rientra dopo due anni di esilio forzato e difficili trattative internazionali.
Il documentario inizia quando il 29 giugno del 2009 un commando militare irrompe nella casa presidenziale, sequestra ed estrada il presidente della repubblica Zelaya. Gli honduregni scendono in piazza, ci sono carri armati, cecchini e i primi morti.
Il documentario racconta la massiccia risposta del popolo e dell’ esercito, coprifuoco e sparizioni forzate. “In Honduras sono tornati gli anni 80! Ricordatevi che sono stati anni di terrore: cimiteri clandestini, squadroni della morte e desaparecidos! ”, denuncia la Minestra degli esteri, Patricia Rodas, scappata la notte del golpe.
Le pacifiche proteste represse dall’ esercito con il sangue, leggi speciali e isolamento del paese si intrecciano nel documentario con i vari tentativi di Zelaya di rientrare nel paese, impediti dall’esercito, fino al 28 maggio 2011, data in cui Zelaya rientra grazie agli accordi internazionali. Troverà ancora i golpisti ma anche una società civile piu’ consapevole, unita nel Fronte Nazionale di Resistenza Popolare, movimento nato nelle piazze, oggi partito politico. “Viviamo in una piccola prigione verde dove però le piante stanno maturando”.
NOTE DI REGIA
“Stavamo protestando pacificamente quando è arrivato l’esercito, con i carri armati, con i fucili, con i lacrimogeni, sparavano veramente, ci sono feriti, persone picchiate, arrestate, morte.
Hanno arrestato più di 300 persone. Ci rivolgiamo al mondo!”
Queste le parole urlate da uno dei manifestanti che, appreso del golpe, si è precipitato in strada per protestare.
Come non rispondere a un tale appello?
Le interviste mettono a fuoco un paese, il terzo più povero dell’ America Latina, ostaggio di una spietata oligarchia minacciata dalle misure troppo democratiche adottate da Zelaya.
Il girato realizzato da Ramon Hernandez, filmmaker honduregno che il giorno del golpe si è precipitato armato di telecamera a documentare l’occupazione militare della casa presidenziale, ci ha permesso di raccontare le ore immediatamente successive al golpe, aggiungendo un immenso valore all’impatto visivo.
Non abbiamo voluto limitarci a una cronaca del golpe, ma raccontare quali interessi geopolitici si giocano in Honduras sottolineando come i media sembrano presenti solo per le dichiarazioni ufficiali.
Nel montaggio l’ intreccio tra le riprese on the road e le dichiarazioni ufficiali vuole esasperare la distanza fra l’evento e come i media lo presentano. Questa contrapposizione è ciò che rende ancora piu’ drammatica la realtà honduregna.
Da qui il mio interesse a documentare cio’ che i media ignorano, con particolare riguardo per quei paesi nei quali sono in atto processi di democratizzazione fortemente ostacolati dai grandi interessi economici degli USA che, in America Latina, con l’appoggio della chiesa cattolica, hanno sempre sostenuto le dittature e le oligarchie.
I media, occupati a creare mondi altrimenti inesistenti, ci negano la possibilita di sapere vedere il mondo nella sua follia terminale.
Ma non era finita l’ epoca delle dittature in America Latina?
Se questo è un golpe o l’ennesimo colpo messo a segno dal sistema dei media decidetelo voi.