Il film
XXL – VITE EXTRALARGE
di Tania Pedroni
2009 – HD – 16/9 – dur. 1×52′ – 1×62′
distribuzione
JAVA FILM
In onda su: RAITRE DOC3 (Italia), YLE (Finlandia), UR-Swedish Channel (Svezia), Yes-DBS (Israele),
SIC (Portogallo), Aljazeera (Qatar), Blu-TV (Brasile), CBC (Canada)
Credits
Italia, 2009, HD – 52 mins. / 62 mins.
genere
Sociale, Stile di vita
regia
Tania Pedroni
prodotto da
POPCult e Tania Pedroni
in collaborazione con RAITRE/DOC3
con il supporto di
PIEMONTE DOC FILM FUND
in associatione con EIE film
distribuito da
JAVA FILM
sceneggiatura
Tania Pedroni
Giusi Santoro
musiche
Daniele Furlati
Marco Biscarini
montaggio
Daniele Bonazza
Giusi Santoro
camera aggiunta
Ugo Perazzini
Tutti belli, magri, in forma. Sembra che nel mondo in cui viviamo non si possa che apparire così. Ma chi di noi non si è trovato a lottare con qualche chilo in più e con un corpo che non ci piace?
Quella di mettersi a dieta è una fatica che tutti conosciamo. Ma per qualcuno questa è una sfida più difficile, quasi impossibile. C’è qualcuno infatti che è davvero lontano dal modello estetico imperante, che non ha solo qualche chilo in più, ma è davvero grasso, anzi grassissimo.
Ma com’è una vita extralarge in un mondo che ti vuole super magro e super in forma? C’è un ospedale dove tutto è di taglia grande: letti, apparecchiature e soprattutto i pazienti. Hanno patologie diverse, ma una cosa in comune: sono affetti da un’obesità grave o gravissima. In questo luogo fuori dal mondo passeranno 5 settimane; qui verranno sottoposti a cure fisiche e psicologiche, affronteranno paure e desideri di fuga e soprattutto dovranno imparare a riprendere in mano le loro vite, cambiando se stessi e il loro destino.
NOTE DI REGIA
La narrazione ha al centro storie e persone colte in un momento e in un luogo che li accomuna e li mette insieme, un punto di non ritorno che rende necessario un cambiamento profondo e dagli esiti incerti.
L’obesità è stata anche occasione per raccontare una delle contraddizioni del nostro tempo, che da un lato ci impone un modello estetico di estrema magrezza (sempre più spesso ai confini con l’anoressia) e dall’altro ci impone modelli di consumo apparentemente senza limiti (e senza “prezzo”).
Per me raccontare questa storia ha significato raccontare uomini e donne che sembrano parte di un continente sommerso, puri consumatori di merci che non sentono alcuna possibilità di diventare protagonisti nemmeno della propria storia: in questo senso una storia molto moderna e rappresentativa di una condizione diffusa, ma anche un modo per restituire dignità e profondità a chi non ha volto, voce, storia e destino.